Olocausto, il ricordo e l’indifferenza
Gli indifferenti: parole e musiche da un Ventennio, prima esecuzione assoluta”. E’ con questo spettacolo trasmesso in diretta da Rai-Radio3 che l’Accademia Filarmonica Romana ha celebrato lo scorso 27 gennaio la “Giornata della memoria”.
Le parole, sul palcoscenico della Sala Casella, erano quelle di Fabrizio Gifuni, attore solitario ma notissimo. Mentre la parte musicale era affidata al pianoforte di Luisa Prayer (nota non solo come raffinata interprete ma anche come fondatrice e direttrice del Festival internazionale “Pietre che cantano”) e alla voce di Monica Bacelli (soprano amato da grandi direttori come Abbado, Mehta, Pappano, e per la quale Luciano Berio ha scritto i ruoli di alcune sue importanti opere).
Un’ora e un quarto di spettacolo, asciutto, elegante, privo di fronzoli. Eppure è difficile immaginare un più intenso omaggio al ricordo dell’Olocausto, o meglio a quella parte dell’Olocausto che fu di stretta competenza italiana.
Da questo punto di vista, il punto di vista cioè del nostro Paese, al titolo “Gli indifferenti”, tratto dalla celebre affermazione di Antonio Gramsci: “Odio gli indifferenti”, oggi si potrebbe aggiungere qualcosa come “gli smemorati”. E poiché fra l’indifferenza di allora e la smemoratezza di oggi sembra esserci più di un legame, ecco che l’impostazione data allo spettacolo da Gifuni appare quanto mai opportuna. Nessun commento, nessuna lungaggine, nessuna retorica: carte, solo carte. Documenti inconfutabili, testimonianze incontrovertibili, evidenza dell’orrore.
Fra prologo ed epilogo, cinque momenti in tutto. “Gli anni del manganello”, dove giganteggia l’esilarante ritratto del cavaliere Benito Mussolini ad opera di Carlo Emilio Gadda. “Arte e regime”, con l’alternarsi di atteggiamenti diversissimi, dalla pavidità di Pietro Mascagni e Ildebrando Pizzetti al coraggio sprezzante di Toscanini. “Questioni di razza”, con il succedersi dell’intervista in cui Mussolini, nel 1937, dichiara al New York Times che agli ebrei italiani non sarà torto un capello, e dei famigerati “Provvedimenti per la difesa della razza italiana” (1938). “Gli anni dell’Impero”, con lo sconvolgente telegramma in cui a Badoglio viene ordinato di usare in Africa i gas. Per concludere con “L’abominio”. Una pura e semplice lettura di articoli ferocemente antisemiti pubblicati da vari giornali italiani, fra cui il Corriere della sera.
Musiche di Richard Strauss, Tosti, Casella, Mascagni, Respighi, Pizzetti, Castelnuovo-Tedesco.
Nerina Spadaro – La Sicilia, 30 gennaio 2012