A Galleria Toledo omaggio al Piccolo (grande) Principe
L’alchimia di due corpi, due voci, due anime che con estrema naturalezza e bravura narrano ad un pubblico incantato la storia di un piccolo grande uomo.
Fabrizio Gifuni e Sonia Bergamasco portano in scena a Galleria Toledo la favola del Piccolo Principe, la creatura narrativa di Antoine de Saint-Exupéry che con i suoi occhi grandi spalancati sul mondo, si interroga sul senso della vita.
Il Piccolo Principe nasce dall’estro della penna dello scrittore francese e gioca sul continuo parallelismo di punti di vista, quello adulto, in cui la prospettiva delle cose è per così dire inquinata dai vizi e dalle dissolutezze del mondo dei “Grandi” e quello invece puro e disincantato dei bambini.
Il candido fanciullo dai capelli color del grano (reso alla perfezione dalla presenza eterea e delicata della Bergamasco) si imbatte in un pilota di aerei (Fabrizio Gifuni), precipitato, a seguito di un’avaria al motore, nel bel mezzo del deserto del Sahara. Un luogo che è un non luogo, in cui eccetto la presenza dei due non c’è altra traccia della presenza umana.
I due si scrutano, si studiano, sono incuriositi l’uno dalla presenza dell’altro, ma è il Piccolo Principe a rompere il ghiaccio ed inondare di domande il serio pilota, alle prese con bulloni e viti da riparare. Il bambino penetra a poco a poco attraverso la corteccia di scetticismo con cui l’uomo che ha di fronte si protegge, e gli parla del suo mondo: un lontano asteroide del quale è l’unico abitante, circondato solo da tre vulcani ed un fiore narciso a cui egli dedica ogni cura. Ma nel suo vagabondare tra gli altri pianeti, prima di arrivare sulla Terra, il piccolo ometto ha visto e conosciuto cose a lui prima di allora sconosciute.
Con la sua ingenua purezza, il Piccolo Principe ha cercato di dissetare la sete di potere di un Re senza sudditi, di distogliere la vanità di un uomo tutto preso da se stesso, di consolare un ubriacone che lascia che il vino anestetizzi i suoi ricordi, di rallentare i ritmi di un uomo di affari che conta le stelle come se fossero titoli di banca, di liberare il custode di un lampione dal suo alienante compito di accendere e spegnere meccanicamente il lampione del suo pianeta ogni dì, ed infine di decifrare la fisionomia dei pianeti di fronte all’infelicità di un geografo che non ha gli strumenti per farlo.
Dal suo viaggio, il Piccolo Principe ha imparato che il mondo adulto è ben strambo, è fatto di gente che corre troppo, i suoi abitanti non hanno il tempo di fermarsi a guardare le stelle di notte, persi nell’affannosa ricerca della materia, senza capire che: “L’essenziale è invisibile agli occhi”.
Ma forse c’è qualcuno pronto a recepire questo messaggio, attraverso piccoli, misurati gesti, attraverso le immagini di un disegno che nella sua immediatezza racchiude la sua essenza.
Questo qualcuno è il pilota disarcionato, che mostra grande sensibilità davanti al piccolo ma saggio amico. Sensibilità che emerge mista a commozione, quando il Piccolo Principe, dopo un anno di permanenza sulla Terra, decide di fare ritorno al suo pianeta e per farlo si affida al siero velenoso di un serpente che lo risucchia per condurlo a casa.
Il Piccolo Principe scompare così ma la sua presenza è ancora palpabile, nei semplici e chiari insegnamenti che lascia sulla Terra, rivolgendosi a “a tutti i grandi che sono stati bambini ma non se lo ricordano più”, come compare nella dedica al libro dell’autore.
Fabrizio Gifuni e Sonia Bergamasco non potevano regalare un’interpretazione più limpida e toccante di quanto abbiano fatto dinnanzi ad una platea gremita che ha premiato l’eccellente rappresentazione con un lungo e sincero scroscio di applausi.
Gifuni gioca con la voce, legge i passi del racconto, connotandoli di variegate sfumature e dimostra grandi ed indiscusse capacità recitative, altrettanto fa la sua compagna di vita e di scena che è riuscita a cogliere la delicatezza ed allo stesso tempo la forza del Piccolo Principe, icona ed alter-ego del Peter Pan che è in ognuno di noi. Il personaggio di Saint-Exupéry, condivide con il Peter Pan di Matthew Barrie quella stessa eternità riservata a chi non cresce mai, e i due interpreti colgono alla perfezione questo senso di infinito.
Il segreto è molto semplice, “non si vede bene che con il cuore”, dice il Piccolo Principe, allora come trasmettere questo al pubblico? Con l’immediatezza di una recitazione che abbatte ogni barriera tra spettatori ed attore, con l’accompagnamento musicale di scena che scandisce i passaggi di questo magico viaggio e l’altalena fluorescente che accoglie il Piccolo Principe come un guscio materno, grazie a tutto ciò arriviamo davvero all’anima del nostro vivere.
Arianna Esposito – Il Pickwick – 11 Marzo 2013