Regia di Gianluca Tavarelli
Con: Fabrizio Gifuni, Valeria Binasco, Antonio Catania, Ugo Conti, Riccardo Zinna, Erika Bernardi, Adriano Pappalardo
Sceneggiatura: Leonardo Fasoli, Gianluca Maria Tavarelli
Fotografia: Pietro Sciortino
Montaggio: Marco Spoletini
Scenografia: Paola Bizzarri
Costumi: Lia Morandini
Colonna sonora: Ezio Bosso
Distribuzione: Cecchi Gori Entertainment
Rapina geniale
Nella vita ci sono gesti che spesso possono somigliare ad un’opera d’arte, oltre ogni imprevedibile conseguenza
Totò ha venticinque anni, tempra sdegnosa,/ molta cultura e gusto in opere d’inchiostro,/ scarso cervello, scarsa morale, spaventosa/ chiaroveggenza: è il figlio del tempo nostro: così Guido Gozzano descriveva Totò Merumeni, immaginario giovane destinato a grandi imprese, ma incapace a realizzare alcunché, forse perché corroso da un eccesso di consapevolezza. La vita si ritolse tutte le promesse./ Egli sognò per anni l’Amore che non venne,/ sogno pel suo marito attrici e principesse/ e oggi ha per amante la sua cuoca diciottenne.
È un archetipo perfetto, è il giovane che abbiamo incontrato mille volte: quello che deve sempre partire, che ha mille fantasiosi progetti, il più dotato di tutti; è quello che dopo anni e anni non ha concluso niente perché gli mancava la volontà, o addirittura perché ha compreso prima di tutti che in fondo una vita vale l’altra, i Carabi non sono diversi dal bar sotto casa, e la donna fatale non è tanto più bella della cuoca diciottenne. Però a volte Totò può decidere di passare all’azione, così, per il gusto di dimostrare ai mediocri e agli sgobboni che nella vita certi gesti possono somigliare a opere d’arte, che il talento può arrivare dove l’impegno e il sacrificio neppure immaginano. Fino a giorno prima lavorava alle poste, mangiando a mensa e indossando la divisa azzurrina della modestia, e il giorno dopo era l’autore della rapina più geniale effettuata in Italia negli ultimi anni.
È questa la splendida storia raccontata da Gianluca Tavarelli, la storia vera di un postino poeta che prima di morire volle dimostrare a tutti che lui era speciale. Fin troppe volte l’aspirante bandito ripete ai grigi colleghi e alle amanti occasionali che la vita non può trascorrere sotto la pioggia e nella noia di Torino – sveglia alle sei, lavoro, fatica, frustrazione: che il destino attende altrove, al sole del Costarica, dove basta allungare la mano per cogliere frutta e donne succulente. Lo capiamo subito che su quelle spiagge dorate il nostro portalettere non arriverà mai, perché il destino che invita a correre è lo stesso che tira gli sgambetti. Ma non è poi così importante se quell’illusione esotica è rimasta nella cartapesta della fantasia. Non di palme e di capirinha abbiamo bisogno, sembra suggerire Tavarelli, ma di azioni impeccabili, dove il pensiero si declina esattamente nell’opera.
Questo nostro tempo è triste per superficialità e imprecisione: i giorni si sommano sbadatamente ai giorni, i gesti ai gesti, le parole alle parole, sotto l’insegna storta del come viene viene, solo per consumare in fretta il tempo e lo spazio. Chia ha fantasia, invece, ha un senso più profondo della realtà; chi sembra avere la testa tra le nuvole è invece spesso un uomo più attento degli altri, uno che vede le cose dall’alto e le comprende nel loro orizzonte.
Il bravissimo Fabrizio Gifuni dà corpo a quest’anima acuta di sognatore e di progettista. Quel buffo postino che aveva allenato l’occhio e la mente sul ritmo esatto degli endecasillabi leopardiani è l’unico a individuare il punto debole di un trasporto di soldi che venivano trasferiti ogni sera dai supermarket ai sicuri forzieri di una banca. Lui che guidava il furgone, scortato da due macchine della polizia, osservava e vedeva, interrogava le cose e le ascoltava, rifletteva e si preparava. E poi tutto avvenne come lui aveva previsto, con la sensibilità di chi sa cogliere gli attimi e ha l’intelligenza per disporli su una scacchiera.
Questo film, insomma, non si gioca tanto, come può sembrare, sull’opposizione tra la vita insipida e la fantasia di ricominciare ad Atlantide, bensì sul contrasto tra il pensiero attento e la distrazione, tra la meticolosità del poeta e il pressapochismo dei mediocri. Finirà male, i cinghiali grugnanti divoreranno i fiori, le pistole cancelleranno i sogni, e il Costarica svanirà insieme agli ultimi istanti di una vita, goccia goccia. Però noi ci ricorderemo per sempre di quel postino. A lui vorremmo affidare le nostre lettere al mondo: saprebbe di sicuro come recapitarle.
Marco Lodoli, Diario – settembre/ottobre 2000