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"Roserio's God"

studio sul primo capitolo - 2015

Press

La narrazione feroce del ciclista Gifuni

Fabrizio Gifuni è un interprete di raffinata intelligenza e profondità recitativa, capace di condurre lo spettatore lungo i chiaroscuri di un testo, spesso letterario, facendolo vivere nella sua interezza e svelandone l’anima nascosta.
Così è in Il dio di Roserio (visto al Parenti, Milano), prima parte dello strepitoso racconto del 1954 di Testori di un’Italia che vuole perdersi nell’illusione di un nascente boom economico. La Brianza è il mirabolante sfondo della drammatica corsa ciclistica della promessa Dante Pessina, il dio di Roserio, in cui fece cadere, menomandolo nell’intelletto, il gregario Consonni che osò sorpassarlo. L’innocenza immolata sull’ara del successo. Consonni, generoso e semplice, ricostruisce a ritroso quel giorno crudele in un vivido monologo interiore, dando sfogo alla muta di pensieri che gli mordono la mente. Gifuni si cala nei ritmi serrati di una narrazione feroce, solitaria e composita, di grande fisicità; viviamo con lui l’adrenalina, il sudore, l’affanno delle salite, la spavalderia delle discese e non solo la felicità sognata e lo sgomento.
Un’interpretazione stupefacente che attanaglia, nella quale la realtà ha l’intensità di un incubo e i sentimenti il mistero di un’allucinazione.

Magda Poli – Corriere della Sera, 11 maggio 2017