Il Piccolo Principe in concerto - Foto di Silvio Canini

"The Little Prince in concert" – 2011

Press

“Il Piccolo Principe” di Fabrizio Gifuni e Sonia Bergamasco

Tre coni di luce e parole che scorrono nel mezzo. Un astronauta narratore bloccato in un deserto che finisce per essere narrato. Un principe narrato che finisce per narrare la storia di ogni uomo che cerchi di sorvolare la stratosfera delle idee seriose degli adulti. Poco dietro un cono di luce illumina invece volute sonore, che si attorcigliano ai corpi dei personaggi.
Narratore e narrato si incontrano in una storia apparentemente scritta da sempre. È la fiaba di chi osserva la vita dall’altalena della purezza, che oscilla prima lentamente, poi più velocemente, in un continuo alternarsi di ritorni e fughe. Nessun contatto tra i coni di luce. Perché il puro rimanga tale c’è bisogno di osservare senza far bagnare il proprio sguardo nel sudiciume che imperla i viventi. L’astronauta può infatti solo disegnare oggetti da fornire al principe, merce di scambio che nel passaggio acquista continuamente sensi inattesi. Perché se la vita sfiorasse la purezza non potrebbe che farlo con i denti acuminati del veleno di un serpente. Invece lo sguardo del Piccolo Principe (Sonia Bergamasco) si posa su esseri delle più varie forme, ciascuno vittima della propria presunta unicità. Il tratto saliente dei personaggi incontrati dal Piccolo Principe diviene infatti per loro stessi una gabbia di vita. Quest’ultima si traduce nelle brillanti e perturbanti caratterizzazioni di Fabrizio Gifuni. L’uomo d’affari, come il sovrano, quanto la volpe non riescono ad approdare a quell’Altrove che, nel mancar loro, li descrive, ma sono tutti esattamente imprigionati nei gesti stereotipati dei loro corpi.
L’uomo d’affari è l’unico proprietario delle stelle, ma è ingabbiato nei suoi tesi movimenti, nel suo rimanere visibile solo in un costante profilo. La volpe ha il corpo inarcato, la mano che rabbiosa striscia sulle cosce, proprio come il suo essere finge di abbandonarsi all’addomesticamento altrui, mentre si intuisce un indomito orgoglio rabbioso rivoltarsi all’accettazione dei propri bisogni.
È proprio questa inquietudine, pienamente umana, eppure così distante dal candore dei personaggi de Il Piccolo Principe di Antoine de Saint-Exupéry, il marchio della rappresentazione di Sonia Bergamasco e Fabrizio Gifuni. Tanto la prima è diafana nelle sue semplici vesti bianche, tanto il secondo è carnale, intriso di una passione tutta umana, interprete di quelle vite immerse nell’ambivalenza struggente del desiderio di se stessi e dell’altro. Sono mondi destinati a rimanere distanti, immersi ciascuno nel proprio cono di luce, uniti solo dall’impellente necessità di scambiarsi emozioni e consapevolezza di vita.
Il Piccolo Principe ha compiuto un viaggio nella mente di un viaggiatore astronauta, da sempre impegnato nella ricerca delle risposte che solo la sua fantasia potrà dargli. Nel paesaggio lunare della propria mente l’astronauta saprà riconoscere i tratti della purezza che, come ogni degna meta ideale, svanirà come per il pubblico la fiaba svanisce nell’aridità del reale.

Luca Errichiello – Flaneri – 14 marzo 2013