Il Piccolo Principe in concerto - Foto di Silvio Canini

"The Little Prince in concert" – 2011

Press

Il Principe restaurato. Il racconto di Fabrizio Gifuni e Sonia Bergamasco

Confesso di non amare particolarmente Il piccolo principe di Saint-Exupéry. Non ho mai capito come questa fiaba funerea e zuccherosa possa commuovere un lettore, sia egli adulto o bambino. Mi è sempre sembrato che frasi come «Non si vede bene che col cuore» siano destinate ai repertori di citazioni celebri o alle cartine dei cioccolatini. Ma proprio per questo sono rimasto tanto più colpito dallo straordinario exploit attorale che ne hanno ricavato Fabrizio Gifuni e Sonia Bergamasco. C’è un solo modo, a mio avviso, di rappresentare il tenue universo poetico di Saint-Exupéry, ed è attraverso le risorse del teatro di figura, oggetti, pupazzi, come fece tanto tempo fa il grande marionettista svedese Michael Meschke, e nella sua scia il Teatro delle Briciole. Gifuni e la Bergamasco hanno scelto la strada opposta, quella della semplice lettura: ma la rinuncia a un’ingombrante messinscena non penalizza certo, e anzi valorizza al massimo la loro prova di bravura.

Non si può dire, del resto, che la proposta presentata al Teatro Franco Parenti di Milano manchi del tutto di un’elementare costruzione visiva e spaziale: se Gifuni agisce prevalentemente dietro un leggio, la Bergamasco siede su un’emblematica altalena le cui funi di sostegno, alla fine, si illumineranno come per guidare il ritorno a casa del piccolo protagonista. Fra loro c’è la postazione del percussionista Rodolfo Rossi, le cui particolari sonorità sono parte integrante del progetto stilistico.
Ma al centro di tutto ci sono i due interpreti, come strumenti perfettamente accordati. Lui, che ha il ruolo di narratore, e mutando accenti dà voce alle varie figurette, il re, il lampionaio, la volpe che vuole farsi adottare, sfoggia gli abituali virtuosismi tecnici: entra in scena in piena luce, si rivolge direttamente alla platea come per una comunicazione, poi accende a un certo punto non si sa quale fonte di energia e, impercettibilmente, dai toni quotidiani passa a tessere mirabolanti orditure verbali.
Lei, languidamente appollaiata sull’altalena, pronuncia le parole del Piccolo Principe con una vocetta insieme infantile e piena di una misteriosa femminilità, non priva di echi ambiguamente sensuali. Il suo racconto è quasi un puro esercizio di un talento, a lungo andare fin troppo flautato. Ma attraverso la loro recitazione torna fuori all’improvviso l’emozione, una sorta di emozione intellettuale di fronte alla gamma di effetti che un attore, praticamente con nulla, riesce a evocare.

Renato Palazzi – Il Sole 24 ore – 5 Novembre 2011