Carlo Emilio Gadda

L'officina dell'ingegnere - Gadda in Abruzzo

L’Aquila, Festival Internazionale di Musica “Pietre che cantano” – 20 luglio 2012

“Le Meraviglie d’Abruzzo”
Fabrizio Gifuni legge Carlo Emilio Gadda
Libero commento musicale di Cesare Chiacchiaretta, fisarmonica

Il teatro di Fabrizio Gifuni si è indissolubilmente legato al nome di Carlo Emilio Gadda, cui ha dedicato anni di ricerche sfociate nel progetto Gadda e Pasolini: antibiografia di una Nazione e nei due pluripremiati spettacoli ’Na specie de cadavere lunghissimo e L’Ingegner Gadda va alla guerra o della tragica istoria di Amleto Pirobutirro, entrambi per la regia di Giuseppe Bertolucci. In questo evento curato da Luisa Prayer, direttore artistico del Festival Internazionale di Musica Pietre che cantano, e prodotto in collaborazione con l’Istituzione Sinfonica Abruzzese, Gifuni legge le belle e struggenti pagine che Gadda scrisse tra il 1934 e il 1935, in un suo passaggio dal Fucino attraverso l’Altopiano delle Rocche fino alla Città dell’Aquila. La penna del grande scrittore lombardo, altrimenti disincantata, sarcastica e fustigatrice, si abbandona qui ad un inusuale tono lirico, commosso nel cogliere la bellezza della natura e dell’arte aquilana, e ad intuire nelle figure del paesaggio umano una primitività ingenua e generosa. Un libero commento musicale è affidato al cuore abruzzese di un poeta della fisarmonica, Cesare Chiacchiaretta, interprete e ricreatore, con le sue improvvisazioni, di un mondo lontano ma ancora vivo nella memoria collettiva, e quindi, forse, non del tutto perduto.

“ Lasciatemi sostare nel mio sogno e nella mia devozione, se pure urgano il tempo e le cose. Lasciatemi qui dove la piazza chiara si apre, declive ai gradini all’arco e alle torri del Duomo… la pòlis della montagna mi è cara…”


Gifuni legge il Gadda “abruzzese”
L’attore oggi all’Aquila porta in scena i reportage dello scrittore lombardo

Un’anteprima assoluta quella che il Festival di Musica Pietre che cantano, diretto da Luisa Prayer, propone all’interno de I Cantieri dell’Immaginario, in collaborazione con l’Istituzione Sinfonica Abruzzese.
Questa sera, alle ore 21,00 in piazza del Teatro all’Aquila, il pluripremiato attore Fabrizio Gifuni farà conoscere al pubblico pagine di grande eleganza che Carlo Emilio Gadda scrisse da giornalista. Tra il 1934 e il 1935, inviato della Gazzetta del Popolo, attraversando Fucino, altopiano delle Rocche, L’Aquila, il Gran Sasso e Teramo, Gadda scrisse sette articoli (quattro ripubblicati dalla Fondazione Carispaq in “Meraviglie d’Abruzzo“, a cura di Errico Centofanti). Gifuni leggerà “Genti e terre d’Abruzzo” e “Le tre rose di Collemaggio“, in scena con lui il fisarmonicista Cesare Chiacchieretta.

Fabrizio Gifuni, che Abruzzo emerge da quello pagine?

“Una polifonia di voci e una ricchezza di colori tali da costringerci a mettere meglio a fuoco il nostro sguardo. Sono pagine piene di affetto e di ammirazione”.

Lei da anni porta in scena Gadda, cosa le ha insegnato lo scrittore e cosa puo’ insegnare al pubblico?

“Il mio impegno è stato togliere Gadda dalla nicchia di scrittore difficile restituendolo al pubblico nella sua interezza, tragico e comico, nella sconvolgente fisicità di una lingua, di cui abbiamo necessità di riappropriarci. Gadda ci spaventa perché ci mette di fronte alla nostra pigrizia. Parlare meglio vuol dire pensare meglio, e vivere meglio”.

Leggerà Gadda nella città che lui stesso visitò, segnata dai danni del sisma e da una ricostruzione che non parte. Cosa ne avrebbe pensato Gadda?

“Alla ricostruzione che langue e alle speculazioni perpretate ai danni della cittadinanza Gadda, forse, avrebbe dedicato un pamphlet per descrivere come sia idiota e criminale l’attitudine delle classi dirigenti italiane ad ignorare il patrimonio della propria cultura”.

Lei ha vinto moltissimi premi e il 28 riceverà anche il Volonté, crede che il teatro e l’arte possano diventare parte integrante dell’agenda economica di questo Paese?

“Le agende economiche non hanno mai considerato la cultura un bene comune indispensabile alla vita dei cittadini, perché si ostinano a volerla pensare come un lusso. Fino a quando lo sguardo di fondo resterà affetto da questa miopia non ci sarà alcuna speranza. E tutto sarà rimesso alla passione e all’ostinazione degli artisti”.

Barbara Bologna – Il Centro, 20 luglio 2012