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"Il dio di Roserio"

studio sul primo capitolo - 2015

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Pedalata infinita

La parola letteraria si fa corpo e voce nella ricerca di Fabrizio Gifuni che da anni porta avanti un personalissimo percorso tra testi ardui e non teatrali di grandi scrittori, da Pasolini a Gadda, a Camus. Nuovo approdo Giovanni Testori e il suo Dio di Roserio, primo romanzo nel 1954, dell’autore lombardo dove il mondo duro del ciclismo postbellico è metafora della lotta spietata per la sopravvivenza. La storia del campioncino di periferia Dante Pessina che per vincere una gara di provincia sacrifica il gregario Sergio Consonni spingendolo a terra e rendendolo idiota, diventa nel primo capitolo scelto da Gifuni una soggettiva della vittima, una pedalata infinita tra curve, montagne e lago descritta con la precisione di dettagli di un incubo. Ritto su uno sgabello, braccia tese e sguardo in avanti, il leggio è quasi superfluo in una performance vertiginosa che ben poco ha del reading, dove l’attore varia tra le modulazioni naïf, quasi infantili, d’accento popolano e lombardo del racconto del “servo” e sterzate improvvise estranianti nella voce e nei gesti, quando alla volata si alternano lampi della scena tragica della caduta, delitto senza castigo che emerge in tutta l’atrocità dell’interpretazione complessa eppure chiarissima, fisica e insieme sottilmente mediata, in una prova d’attore memorabile.

Simona Spaventa – la Repubblica, 7 maggio 2017