L’ingegner Gadda va alla guerra
Quattro anni dopo ‘Na specie di cadavere lunghissimo, spettacolo che, a partire dai testi di Pasolini e Somalvico, poneva le basi di una riflessione teatrale sulla trasformazione del nostro paese negli ultimi quarant’anni, Fabrizio Gifuni torna a frequentare il teatro con L’ingegner Gadda va alla guerra, un monologo di rara intensità che – se ce n’era bisogno – conferma le doti eccelse di attore e drammaturgo di se stesso di Fabrizio Gifuni che affida al teatro la sua voglia di essere carne e spirito al di là dello schermo cinematografico e televisivo. La regia come nel precedente monologo è affidata alla mano di Giuseppe Bertolucci. Utilizzando i Diari di guerra e di prigionia di Carlo Emilio Gadda e l’esilarante Eros e Priapo, Fabrizio Gifuni costruisce una drammaturgia perfetta che attraverso il corpo voce racconta del Paese, racconta di Carlo Emilio Gadda in servizio nella Prima Guerra Mondiale, alla guida di un manipolo di soldati che assomiglia per povertà di mezzi e inesperienza a un’armata allo sbando… Fabrizio Gifuni intervalla i testi gaddiani con citazioni dall’Amleto, un’interpolazione shakespeariana che dà prospettiva mitica ad un racconto che lascia senza fiato e diverte, soprattutto per le doti dell’interprete. Fabrizio Gifuni è possente sulla scena, è parola incarnata, suda, sputa, vive e soffre intensamente con unico oggetto in scena, una sedia. I diari di Gadda raccontano di un Paese allo sbando, di un Paese irresponsabile. Tutto ciò vive nello sguardo e sulla pagina scritta di un intellettuale che non nasconde lo stupore per tanta improvvisazione maldestra e si sente involontariamente complice di quella che appare una deriva eroica piccolo-borghese, una guerra di straccioni e di sofferenze, una guerra combattuta per un paese ancora tutto da inventare. La cronaca dei diari di Gadda fa da apripista alla fantasmagorica allegoria del potere e del sesso di Eros e Priapo, una feroce satira del machismo fascista, un ritratto esilarante delle doti amatorie del Duce e di una dittatura fatta di gesti plateali, di inganni consapevoli, di miti da varietà…Fabrizio Gifuni trasforma Eros e Priapo in una partitura teatrale di assoluta godibilità, scioglie la lingua di Gadda, ne evidenzia la matericità, ne esalta il respiro e con fare satiresco racconta più dell’oggi che del Ventennio e instilla nello spettatore che quel seduttore di donne che arrigna alla folla sia più vicino a noi di quanto non sembri. Assistendo a Gadda va alla guerra si finisce col provare un senso di disarmante angoscia per la tragedia della nullità che sta attraversando il Paese. Le parole di Gadda sono profetiche, Fabrizio Gifuni è allora un satiro, un cantore della nostra follia, della deriva di un Paese e di un popolo, è punglo della coscienza, ma soprattutto è un attore sublime che sa trasformarsi, sa essere strumento di carne e sudore per il pensiero agito in scena. Indimenticabile.
Nicola Arrigoni, – Sipario.it, 22 marzo 2010