“L’ingegner Gadda va alla guerra o della tragica istoria di Amleto Pirobutirro” - Foto di Marco Caselli Nirmal

“L’ingegner Gadda va alla guerra o della tragica istoria di Amleto Pirobutirro” - 2010

Stampa

Fabrizio Gifuni: un Gadda speciale

Ottima prova dell’attore che sgrana come un rosario il dolore e la follia gaddiana ricondotta ad Amleto
Prova di grande spessore, ieri sera, al teatro Sociale di Como, per Fabrizio Gifuni, che, per la stagione dei Circuiti teatrali lombardi, ha portato nella sala comasca il suo originale e potente spettacolo L’Ingegner Gadda va alla guerra. Scritto dallo stesso Gifuni e diretto con ritmo incalzante da Giuseppe Bertolucci, il monologo traeva la sua ispirazione dall’esperienza umana e artistica dello scrittore Carlo Emilio Gadda, figura eminente del Novecento, preso a paradigma per il suo particolare, profondo, drammatico giudizio sulla realtà, capace di accenti poetici. La riflessione di Gifuni nasceva dunque dalla pagina scritta e in particolare, prende avvio dall’analisi delle dolorose scritture dei Diari gaddiani, una sorta di “via crucis” di inchiostro e carta, a raccontare il calvario della partecipazione alla prima guerra mondiale. il volontario interventista Gadda si scontrò in modo sconvolgente con la spietata violenza della guerra di trincea, che gli portò via anche l’amato fratelloEnrico. Come sgranando un rosario di dolore, l’attore ha interpretato, nella prima parte del monologo, il progressivo percorso verso l’orrore, quando le illusioni futuriste, giorno dopo giorno, lutto dopo lutto, delusione dopo delusione, caddero crudelmente, lasciando posto alla disperazione e ad uno stato che si potrebbe definire di follia. La citazione dei Diari non avveniva però come in una lettura scenica, intensa ma “bidimensionale”. Gifuni, che è prima di tutto, attore, incarnava attraverso una fisicità nervosa e irrequieta, le sfumature degli stati d’animo, dalla feroce ironia al parossismo della rabbia, alla prostrazione. Inoltre, per analogia, in un salto non pretenzioso ma autenticamente poetico, la “follia” gaddiana, esplicata nel suo tipico e onirico linguaggio, veniva ricondotta alla figura sempre insorgente di Amleto, un vecchio e iracondo Amleto, che come un fantasma, un’apparizione, faceva incursione in scena. Lo spettacolo non ha conosciuto momenti di stanchezza ma anzi è stato caratterizzato da un crescendo sempre più intenso, in cui, rivolgendo l’attenzione su Eros e Priapo, altro capitolo fondamentale del percorso gaddiano, Gifuni ha portato gli spettatori ad una riflessione più collettiva che individuale, in una sferzante e impietosa rappresentazione di una certa italianità. La debolezza degli Italiani, la fascinazione per “uomini dellla provvidenza”, la grottesca e sguaiata superbia dei potenti, vengono letti da Gadda con un implicito giudizio di condanna senza appello. La prova di Gifuni, dunque, non era solo rappresentativa di una pur alta parola poetica, ma, sollecitava nell’occhio, nella mente e nel cuore la riflessione sulla propria identità personale e collettiva, una riflessione che appare urgente nelle infinite guerre dell’oggi.
Applausi meritatissimi.

Sara Cerrato – La provincia (Como), 11 marzo 2011