“L’ingegner Gadda va alla guerra o della tragica istoria di Amleto Pirobutirro” - Foto di Marco Caselli Nirmal

“L’ingegner Gadda va alla guerra o della tragica istoria di Amleto Pirobutirro” - 2010

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Tra Gadda e Shakespeare: Gifuni attore straordinario con la regia di Bertolucci

Un attore straordinario, un fiume travolgente di parole, un rigore assoluto di ritmi, gesti, tensioni espressive, una drammaturgia complessa colma di variazioni stilistiche, il Gadda più piano, appunti introspettivi, sbalzi d’umore, e il Gadda dalla lingua stratificata, densa, complessa, divertita e arrabbiata insieme, con riflessi in questo nostro presente, prefigurazioni tragicomiche, qua e là anche sparse citazioni amletiche: davvero meritatissimo il premio Ubu a Fabrizio Gifuni per «L’Ingegner Gadda va alla guerra» presentato ora al Teatro al Parco, da un’idea dello stesso interprete, solo in scena, e la regia di Giuseppe Bertolucci. E dopo il silenzio teso dell’ascolto – un testo nell’insieme arduo, con passaggi comunque da gustare sempre – l’applauso è esploso pieno, ripetuto, con molti «Bravo!» e la gioia speciale dell’incontro straordinario. Una sedia, luci che tagliano in vario modo il palcoscenico, passaggi inquieti, nervosi, ma anche pensosi e di sfida, una gamma vertiginosa di stati d’animo e di modi di vivere la scena tra coinvolgente partecipazione e limpido straniamento.
Magnifico.
E’ Gadda quell’Amleto che cita «parole, parole» con cui rispondere a PoIonio? è ancora lui a riconoscere che il secolo è cosl definitivamente fuori dai cardini? Sfida se stesso l’autore, si deride, ma intanto coinvolge la realtà intorno, come ricordi che affiorano impetuosi. La cognizione del dolore: con Gonzalo principe di Danimarca, difficile comunque il rapporto con la madre. Dal «Giornale di guerra e di prigionia» frammenti di diario, riportando accadimenti, descrizioni ironiche e intense collere, «I nostri uomini sono calzati in modo da fare pietà. ..». E c’è la nostalgia di felicità perdute, l’infanzia, immagini di luce. Con la tentazione del suicidio. I bombardamenti e l’ossessivo bisogno di ordine. La morte del fratello, il ritorno a casa. «La mia vita è inutile …»
Per l’ultima parte, da «Eros e Priapo», Gifuni ricorda Paolo Poli, scanzonato, beffardo, accento toscano, nella descrizione mordace, satirica del tiranno, con il perenne bisogno di mostrare/ dimostrare la propria smodata virilità. Ed è con la luce accesa in platea che l’attore ricorderà, con le parole di Gadda, i caratteri, di menzogna e prepotenza, del «folle narcissico», che nessuna remora, nessuna obiezione riesce a fermare …

Valeria Ottolenghi, La Gazzetta di Parma – 30 gennaio 2011